
Primo Maggio, festa dei lavoratori.
Anche quest’anno sarò in montagna a produrre!! Per l’occasione a farmi da compagno di cordata c’è Gigi. Chi meglio di lui, nato proprio il primo maggio? Entrambi noti e famosi per essere due ferventi stacanovisti.
La stagione è appena iniziata, per cominciare sarebbe cosa buona e giusta stare con mire e ambizioni un po' basse. Ma il fato vuole che chiacchierando con Giorgio, esca dalla sua bocca una frase incantatrice: “Avete mai fatto allo Scoglio della Metamorfosi in Val di Mello la via: Gli oracoli di Ulisse?”. A tal domanda, la mia attenzione sale alla massima soglia di allerta, in me ritornano alla mente vecchi e sopiti ricordi, di quando non ancora trentenne con il nostro caro Enry, mi ritrovai alla base di quel camino/fessura che rappresenta il tiro di partenza della via. Via che avremmo voluto salire con l’impeto e la volontà tipica dei giovani, ma con pochi friends e senza staffe. Fu così che, vuoi la scarsa attrezzatura, vuoi che il camino era fradicio, piangente di acqua su entrambe le pareti, o forse L’ORACOLO… si decise di cambiare meta e quella via non venne più percorsa.
È a questo punto che nasce in me la voglia e l’ingaggio di chiudere i conti dopo circa trent’anni con quella via mai cominciata. Quale occasione migliore se non ingaggiare colui che il proprio al primo di maggio a di che festeggiare? Alla mia proposta Gigi inizialmente non mostra un grande interesse, poi, pensa che ti ripensa, anche in lui lo spiritello dei monti comincia a battere nella sua testa finché non tracolla e con impeto afferma: presente!!
Giovedì mattina, siamo in auto in quattro, che risaliamo la Val Masino, io e il già pluricitato Gigi, più Fede e Maraja che stanno cercando di concertare su cosa puntare in questa calda giornata primaverile. Giunti a San Martino, paghiamo il ticket per parcheggiare su al Gatto Rosso; zaini in spalla le due cordate si dividono dandosi appuntamento per una birra a fine giornata.
Con ritmi incalzanti si parte verso il nostro destino, nella speranza di non avere davanti altre cordate, “sicuramente non ci sarà la fila” penso tra me e me, cvd (come volevasi dimostrare).
Arrivati alla porta del cielo, vedo il camino/fessura nelle stesse condizioni di allora, questa volta niente scuse, abbiano 24 rinvii 14 friends, un giro di dadi, 2 staffe a testa, due martelli 6 chiodi, un “furbo “per ciascuno e… dimenticavo un fiffi per Gigi.
Come da accordi tiri dispari per Gigi, tiri pari per Beppe, a me toccherà il tiro di placca su chiodi a pressione e il successivo tetto orizzontale di dieci metri.
Partenza umida per Gigi, segue un secondo tiro con partenza in artif, successiva libera, traverso e sosta. Riparte Gigi, fessura sprotetta che viene imbrigliata a colpi di friend. Ora siamo alla base di partenza del quarto tiro, quello tosto. Con fare maniacale, quasi a rasentare l’autismo, mi preparo organizzandomi sull’imbrago a destra e a sinistra i materiali per misura e grandezza, i rinvii, quelli lunghi e quelli corti, posiziono i chiodi, il martello, sistemo i cordini e mi aggiusto le due staffe, infine cosa inusuale per me, bevo, faccio due sorsate di acqua e via verso la vittoria o la sconfitta. La placca, nove chiodi a pressione da risalire sapendo che sono infissi per due, forese tre centimetri, vietato volare!!
Primo tetto, sti cazzi!! Che fare!! Ma che bella fessura, ci metto subito un BD verde, poi sai che faccio poco più in la ci sta anche un bel chiodo a “U”; bene il traverso è protetto, ma ora ci sta la remuntada e i successi passi obbligati in libera per arrivare al secondo tetto. Un profondo respiro, una voce a Gigi “stai attento”, poi si fa il passo un mano/piede, a seguire una lama verticale tre, quattro passi spalmati e sono al primo chiodo del lungo tetto orizzontale, prendo fiato. Lo guardo con sfida, sapendo che uno solo sarà il vinto e uno solo sarà il vincitore, subito mi accorgo che in alcuni punti tra un chiodo e l’altro ci sono distanze siderali. La tensione è alta e palpabile, ma fortunatamente le mani non mi sudano. Parto, un chiodo, un secondo chiodo, un friend, un secondo frien, oddio ma quanto mi manca ancora per arrivare alla fine?? Questo mantra si ripete due, tre, forse quatto volte e nel mezzo c’è anche il tempo per piantare due chiodi un universale e una lametta, che aimè il mio socio lascerà in loco non riuscendo a recuperarli, saranno graditi ai futuri ripetitori. Passano secondi, minuti, finalmente dopo 40 metri sono in sosta, mi assicuro e dico al compagno di mollare, ora tocca a lui ballare.
Gigi smonta la sosta creata a puntino con due friend nella fessura e a gran voce dice “Vengo, recupera”. Comincia la sua “Odissea”. In prima partenza c’è del disordine, gli grido di organizzarsi e procedere con fare meccanico e ripetitivo, scalare in artificiale è rigoroso metodo, non c’è la grazia dell’arrampicata libera; lui borbotta qualcosa, io lo ignoro e avanti chiodo dopo chiodo. Passa la placca, tribula quel tanto che basta sul primo tetto, si “detona” il giusto sotto il secondo grande tetto orizzontale e finalmente dopo circa novanta minuti la cordata si ricongiunge per un’inusuale seconda, bevuta. Siamo a metà del viaggio.
Tiro dispari, fessura verticale sprotetta di VII, ormai siamo nel vortice, la saliamo tutta staffando i friend che posizioniamo noi. Tiro pari, siamo al sesto, tocca a me, altra fessura come la precedente, stesso film, dopo dieci metri traverso a destra, due chiodi e poi più nulla. Ho un attimo di sconforto, poi un lampo di genio, ricordo di essere passato in mattinata dal ministero (eufemismo per dire che sono andato al bagno), che in settimana sono stato parco nel nutrirmi, cosi realizzo che oggi potrei pesare 61 o forse anche 60 chilogrammi. E voi chi mi leggete direte “che ci frega a noi quanto pesa oggi il Beppe”, ve lo spoilero subito. Davanti a me un grosso ciuffo d’erba esce da una fessura intasata di terra, sarà il mio prossimo ancoraggio, prendo un cordino dinamico da tre metri, lo giro due volte su questo ciuffo, gli faccio un nodo e posiziono un rinvio, svuoto il torace di tutta l’aria possibile, attacco la staffa e comincio a trasferire circa il 50% del mio peso da un sicuro chiodo ad un “miracoloso” ciuffo che mi tiene. La sosta dista ancora molto non posso azzardare un passo sapendo di avere un ancoraggio non proprio ortodosso, sono sospeso, prendo un chiodo ci metto un cordino e lo picchio nella fessura piena di terra fino a fare entrate la testa, quindi lo rinvio e attacco la staffa ora sono sul ciuffo e sul chiodo “terrestre” nel senso che non è infisso nella roccia. Tutto tiene, allungo la mano trovo una maniglia, sposto il piede e sono salvo, sosta!! Credo di aver perso un ulteriore mezzo chilo.
Recupero Gigi, anche lui sperimenta gli ancoraggi alternativi, arriva in sosta e si cucca il diedro, “solitamente bagnato” cosi recitano tutte le relazioni. Avanti Savoia, sale lui e io dietro, il prossimo tiro tocca a me, ho i piedi come salsicce, gonfi e doloranti, terza bevuta, fa un gran caldo, due giri di parole e il tiro e venduto a Gigi, non si può esimere c’è solo lui, non può fare nemmeno un sub appalto!! All’alba dell’ultima fatica il ragazzo sta cominciando a metabolizzare l’automatismo di usare le due staffe, sosta, recupero, bevuta, e come lavorare, eccome, proprio a noi lo dite!! Complimenti, gioia, soddisfazione e un pensiero a Enry, te la dovevo.
Pronti, via, giù le doppie, rimetti tutto nello zaino e di corsa al Gatto Rosso dove ci aspettano Fede e Maraja per festeggiare il compleanno di Gigi, una birra e siamo già in auto per rientrare, pensato a quanto fatto e a quanto fare e faremo.
P.S. in tutto questo c’è anche stato il tempo di una lussazione di caviglia sul sentiero di rientro, nulla di tragico, tutto fino a quel punto aveva funzionato a meraviglia, ci stava l’eccezione per confermare la regola. La distorsione non è occorsa come si potrebbe immaginare a Gigi, ma bensì al povero Beppe che ora per 10gg non potrà correre e scalare, ma di certo non mancherà di essere presente sul posto di lavoro.
Excelsior