
Ieri è stata una di quelle giornate che ti svegli e pensi: “ma sono davvero sicura di farlo?”
La Scuola di Alpinismo “Renzo Cabiati” del CAI Seregno, per festeggiare i suoi gloriosi 50 anni, ha avuto la possibilità di inaugurare il campanile di Santa Valeria, che festeggia i suoi 60 anni, con un’attività tranquilla e rilassante… tipo calarsi nel vuoto per oltre 60 metri da un campanile.
Il sederino letteralmente all'aria. Un’ esperienza nuova, certo. Emozionante, sicuro. Ma anche con un pizzico (un cucchiaio) di sana follia.
Arrivo a Seregno, ci troviamo tutti in un cerchio, proprio ai piedi del campanile. Iniziamo a scrutarlo, e inizio a capire che stavamo davvero per calarci in centro città, chi lo avrebbe mai pensato? Di solito siamo sperduti in mezzo ai monti senza che nessuno ci guardi... completamente l’opposto.
Ci cambiamo, ci imbraghiamo, e Paolino ci fa notare che c’è poco materiale appeso all’ imbrago... dove è tutta l’attrezzatura che abbiamo sempre appeso? Chi per scherzo prende un rinvio e chi addirittura si attacca un friend (beh non si sa mai che durante la salita possa servire).
Ci incamminiamo ed ecco il nostro Fede che scopre la fregatura!! Non ci faranno prendere l’ascensore, nonostante ce lo avessero promesso, bugiardi. L’ ascensore capite? Roba da far crollare la motivazione anche a Reinhold Messner.
Così via, tutti a salire quei “simpaticissimi” 297 gradini. Chi inizia a contare, chi si perde ai primi 5… per poi scoprire che sono pure numerati, proprio per farti sentire la fatica nelle articolazioni. Arrivati in cima, iniziamo a montare le corde con attenzione certosina “occhio che se molli giù così la corda, abbatti due passanti e un parroco”.
Il momento della partenza è uno show: tutti pronti... a far partire qualcun’ altro. Ma alla fine quattro eroi salgono sulla sedia, si assicurano e si preparano alla discesa nel vuoto, mentre dal basso parte una sorta di annunciazione “Ed ecco i prescelti”.
Parte così la prima calata. Il Fra, con la calma e la diplomazia che lo contraddistingue, urla: occhio alla parte bianca che l’hanno appena pitturata”. Se segniamo la vernice chi lo sente poi il parroco e l’architetto. E infatti, puntuale come le tasse, il buon Brambillone ci mette il suo timbro: impronta numero 47 sulla parete bianco cangiante. Una firma d’autore direi.
Intanto la gente sotto guarda su, ignara delle perle di saggezza che stiamo lanciando quassù, e meno male che nessuno le sente, saremmo tutti scomunicati.
Le calate iniziano: c’è chi va giù come un missile e chi si gode la discesa con calma zen (spoiler: è questione di peso, la gravità non è democratica).
Nel frattempo, su in cima, l’atmosfera si scalda: battute, prese in giro e una quantità di risate che fanno scaldare sempre il cuore.
Finalmente si liberano le corde. È il mio turno. Mi preparo. Di fianco a me c’ è la mia compagna di avventure, la mitica Lauretta. La guardo e penso “cavolo anche lei ha un po' di paura” poi guardo dentro di me e realizzo che no, io ne ho molta di più.
Talmente tanta che ho chiesto aiuto al caro Beppe, che con la sua delicatezza da orsacchiotto mi guarda, sorride e mi prende apertamente in giro: “eh, ti stai cagando sotto?”
Tutto pronto. Tre… due…
Eh, no. Nicolas è ancora lì, con le sue “crocs blu”, mezzo fuori mezzo dentro, col sedere a metà tra la vita e l’abisso. Allora lo incito, un po’ perché gli voglio bene, un po’ perché la mia ansia vuole partire subito per smettere di tremare.
Finalmente ci siamo, si parte! Io… lentissima. Forse Tiziano aveva ragione, dovevo attaccare un mattone all’imbrago. Ma vabbè, dopo tre ere geologiche, tocco terra anche io. E appena atterro penso solo una cosa: Che figata. Adesso corro su e lo rifaccio!
Il pomeriggio scorre tra altre calate: chi più impacciato, chi già con stile da video promozionale per il CAI. Ma tutti, nessuno escluso, con un sorriso a trentadue denti e gli occhi pieni di quella soddisfazione che arriva quando batti, anche solo per un attimo, una paura personale.
Dai, diciamolo: non è da tutti calarsi da un campanile. Anzi, diciamola meglio: quanti alpinisti possono vantarsi di essersi calati in corda doppia da un campanile storico, in mezzo a una città in festa, con un folto pubblico che guarda naso all’insu? Altro che Civetta, altro che la Nord del Badile… questo è puro stile caiano!
Tra una discesa e l’altra, arriva pure un bell’applauso collettivo. Un momento quasi solenne. Speriamo davvero che questa giornata rimanga impressa nella memoria di questo campanile imponente, perché la festa di Santa Valeria non è una festa come le altre: è una di quelle che senti nella pancia, nella voce della gente e pure nel volume delle campane.
E la nostra giornata si chiude esattamente come ogni giornata epica dovrebbe finire: foto di gruppo per i posteri e a seguire, birra, risate, pianificazione di nuove follie verticali, altra birra, cibo, ancora birra (l’ho detto che c’era la birra?).
Giornata unica nel suo genere. Grazie a tutti, in particolare agli organizzatori.
E lo ripeto: meno male che c’è la Scuola di Alpinismo “Renzo Cabiati” del CAI Seregno! Perché senza, sai che noia questa montagna?
La mascotte del gruppo: Giulia.