Dalla Russia a piedi

Gruppo montuoso: 
Breithorn - Monte Rosa
Località: 
Breithorn
Difficoltà: 
a vedere
Segnavia: 
azimut

Breithorn Occidentale 4165 m

Ed eccoci all’attesissimo weekend su ghiaccio, l’obiettivo della due giorni è di apprendere le tecniche di autosoccorso su ghiaccio, l’utilizzo dell’ARTVA ed affrontare una salita su ghiaccio applicando le legature e le tecniche di progressione specifiche.

Giorno 1

06.15: tutti puntualissimi (o quasi) ci si ritrova a Seregno, i mezzi selezionati per la missione sono stracolmi di zaini, zainetti, corde, picche ed istruttori / allievi in trepidante attesa di assaporare un po’ di fresco dopo una settimana rovente.

Con estrema fiducia nell’arma dei carabinieri che sorveglierà le auto rimaste a Seregno, si parte con in testa al gruppo un Nissan camperizzato-modulare che ci spiana la strada verso la Val d’Aosta. Dopo l’immancabile sosta caffè e dolcetto, raggiungiamo Cervinia.

Al parcheggio tutti gli allievi vengono dotati di ARTVA, pala e sonda. In men che non si dica la funivia ci catapulta a quasi 3.480 metri. Aria rarefatta, ghiaccio ed uno splendido panorama: ecco cosa ci aspetta per questo weekend!

Giusto il tempo di sistemare gli zainetti in eccesso nel rifugio e di lanciare i dadi per comporre le camere, che, dopo un breve avvicinamento, ci ritroviamo su ghiaccio.

Gli istruttori organizzano subito quattro stazioni in cui vengono sperimentate varie situazioni / manovre di recupero ed esercitate la progressione in salita / discesa ed i cambi di direzione (peraltro una stazione era diabolicamente studiata per slegare il cordino da ghiacciaio ed obbligarci a ripeterne i nodi).

Un po’ infreddoliti dalle temperature degli oltre 3.000 mt e dal poco movimento, decidiamo di concederci un piccolo ristoro in rifugio, prima di muoverci sulla neve per la lezione di soccorso in valanga. Una rapida spiegazione ed eccoci subito a simulare le ricerche di soccorso: ARTVA in modalità search, pala e sonda a portata di mano e tutte le pale nascoste dagli istruttori sono state tratte in salvo (non senza qualche interferenza generata da chi dimenticava l’ARTVA acceso).

Le attività del primo giorno sono finite e si torna in rifugio. Alcuni si concedono un riposino, altri giocano a carte ed arriva il momento della cena: pasta al forno, arrosto e verdure. La regola parla chiaro: “niente alcol per stasera” ma, visto che la quota si fa sentire, ci rifacciamo con aspirinha, buscopan on the beach ed altri cocktail a base di  acetazolamide. Dopo aver contrattato l’orario della sveglia, tutti a nanna entro le 22.00.

 

Giorno 2

h04.30: mentre a Milano i ventenni tornano dalle discoteche, noi ci svegliamo a 3.480 mt carichissimi per affrontare la salita su ghiaccio, anche se il riposo non è stato per tutti dei migliori.

Indossiamo i primi strati termici, ARTVA a tracolla e scendiamo nel locale comune per la colazione a buffet. Dopo un rapido toto-russate, cominciamo a sgranocchiare qualche crostatina, un paio di fette biscottate e ci beviamo un caffè caldo; sbirciando fuori dalla finestra capiamo subito che la mattinata sarà impegnativa: la bandiera svizzera è più tesa di una corda di violino ed il cielo intorno ai 4000 è molto coperto (anche se non minaccioso di perturbazioni).

h05.30: Imbeccati dai solleciti degli istruttori finiamo la preparazione per l’escursione: altri strati termici (chi più ne ha, più ne metta), imbrago, moschettoni, cordini, casco, ramponi e siamo pronti per preparare la cordata. Machard, prusik, asole, controasole, autoscioglienti e palle in ordine sparso…ma per qualche divina provvidenza (alias i pazientissimi istruttori) partiamo tutti con una perfetta cordata da ghiaccio.

I primi metri di dislivello sono agevoli, in parte su terreno battuto per le piste da sci, anche se il poco ossigeno ed il fiato corto li rendono comunque impegnativi.

Più si sale e più si perde ogni residua speranza di godere di una qualsiasi forma di panorama, ma non per questo ci perdiamo d’animo e tutte le cordate procedono alacremente verso la vetta.

Superato un colle, inizia una parte in cresta, almeno così ci assicurano gli istruttori, perché in realtà ormai la visibilità è a poco più di un metro e le uniche cose che si intravedono sono uno spezzone di corda ed una lievissima traccia. La temperatura percepita oltre -10°C, le raffiche di vento arrivano a quasi 70 km/h e diventa difficile anche comunicare, ed allora ci concentriamo sulla traccia, sulla progressione efficiente, sui nostri pensieri; è in questo momento che mi viene in mente la frase di un saggio scrittore: “I monti sono maestri muti e fanno discepoli silenziosi”.

Arriviamo in vetta: 4.165 mt! È il tempo di fare un selfie di cordata: barbe ghiacchiate, nasi rossi, ma anche sorrisi a 32 denti. Inizialmente il programma era ben più ambizioso, ma, lasciato da parte il romanticismo, con tanta saggezza ed umiltà, decidiamo tornare al rifugio.

Si fa quindi ritorno a Cervinia e da qui all’unico locale valdostano rimasto libero, si beve, si mangia e si fanno due risate. La voglia di tornare ai 35° brianzoli è poca, ma preso il coraggio con due mani ci dirigiamo a Seregno.

Tutti gli aspiranti alpinisti possono ora aggiornare il proprio curriculum con un nuovo 4.000, per molti il primo nella vita. Ma soprattutto con una stupenda esperienza da raccontare ad amici e parenti, da fare invidia al nonno che raccontava della ritirata dalla Russia!

 

Fabio.

26/06/2022
Il Cervino visto dalla funivia
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pronti, via
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sulla vie del ritorno
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