DETTO FUORI DAI PIEDI

Regione: 
Lombardia
Gruppo montuoso: 
Grigne
Difficoltà: 
Gestibili

Alba di sabato 13 luglio 2019.

“Credo che sia arrivato il nostro momento”

“Come?? E’ già ora? Non sono ancora pronta!”

“Ma come no, sei uguale a me! Sbrogliati le stringhe e preparati!”

 

10 minuti dopo:

“Ahia! Che male! Ma è il modo di buttarci nello zaino?”

“Lo sai che la nostra vita è così… accettala!”

“Ma dove andiamo oggi?”

“Mi pare di aver sentito la nostra padrona parlare della Grignetta, ma non ne sono sicura.. tu non preoccuparti, assicurati di svolgere al meglio il tuo compito”

“Si, bel compito! Essere schiacciata sopra la roccia per ore e ore, in bilico su piccole cenge, sbalzata nel nulla, al caldo, poi al freddo, poi con il vento, poi scivolare ogni tanto…”

“Insomma, basta lamentarsi.. sei nata scarpetta e scarpetta rimarrai”

“Volevo nascere scarpone…”

“Non credo che il tuo destino sarebbe stato  molto diverso…”

 

Entrambe non sapevano che quella sarebbe stata una giornata impegnativa. Dopo la lotta per il parcheggio, un piccolo segno sulla macchina causato dal parcheggiatore, la tradizionale vestizione,  si parte. Per ogni macchina una destinazione, per ogni destinazione una cordata, per ogni cordata un istruttore e un allievo, per ogni allievo un misto di paura, emozione e ansia, per ogni istruttore un carico di ferraglia e pazienza. Con avvicinamenti più o meno lunghi, condotti sotto i primi raggi di sole, ci si porta al punto di attacco.

 

Ci siamo, è il momento! Sono emozionata! La prima uscita in ambiente vero!”

“Mah, non capisco il tuo entusiasmo, io sarei stata a casa.. qualche tiro in falesia come sempre e via”

“Ma non capisci! Dopo mesi di lezioni teoriche, brevi uscite, brevi salite… finalmente è arrivato il momento di testarci!”

“Si ma io non volevo …. “

“Ssssh… ascolta bene cosa dicono, attenta che stiamo per essere calzate!”

 

E’ il momento di partire davvero. I piedi si staccano dal suolo orizzontale, pronti a procedere in verticale. Le mani cominciano ad arrancare alla ricerca di prese. Davanti agli occhi la roccia riverbera sotto il sole e scolpisce profili perfetti sull’azzurro di un cielo limpido. Le cordate sono ormai partite, ognuna procede al proprio ritmo (a tratti molto lento, ma questa è un’altra storia e un altro corso), a volte si incrociano con altre, sovraccaricando soste e ingarbugliando corde, creando code e momenti di attesa, utili per gustare il panorama che si staglia all’orizzonte.

 

“Ma dove siamo?”

“Spigolo Dorn dicono qua intorno…”

“Ma di chi è questa voce che sento e che mi rimbomba nelle stringhe?”

“Boh, lo chiamano Tiziano..”

“Ma non è nell’altra cordata, nell’altra via, nell’altra valle? Mah… questi umani non li capisco”

“Ancora ti stai lamentando? Ascolta bene… cosa senti (voce di Tiziano a parte)?”

“Io non sento niente, solo gente che urla: molla tutto! Vieni! Muoviti! Usa la terza gamba! Fai un barcaiolo! … Non capisco proprio”

“Ma no! Devi andare più in profondità!”

“Sento solo i piedi che ricopro da una parte, e la roccia spigolosa dall’altra”

“Non capisci proprio… Parti dai piedi, passa tra la muscolatura tesa, scavalca qualche tendine, sorpassa le articolazioni, risali i vasi sanguigni e arriverai dritta al cuore. Per quanto ognuna delle nostre amiche scarpette sia calzata da piedi diversi, il percorso è sempre questo, e sempre arriva al cuore di ogni allievo. Senti come batte? Batte per lo sforzo della fatica, per la tensione di non sbagliare i nodi pazientemente spiegati e rispiegati, ma soprattutto batte di un misto di emozioni”

“Cosa sono queste emozioni di cui parli?”

“Sono come ingredienti per cucinare, presenti in ognuno in modo diverso, mescolati in quantità e modalità secondo il proprio piacere personale: un pizzico di ansia da prestazione alla partenza, un cucchiaio di paura per i momenti di vuoto, mezza forchettata di dubbio sul fatto di aver attaccato correttamente piastrina e machard prima di lanciarsi nel vuoto, una spolverata di soddisfazione arrivati in cima, mezzo etto di stanchezza e un kilo di gioia al termine”

“Può starci tutto in una persona, in una giornata, in una via di arrampicata?”

“Può starci questo e molto altro…….“

 

Ogni cordata ha raggiunto l’obiettivo della giornata. Osservandole dall’alto si possono vedere tanti omini, tutti diversi, ma tutti con tante corde, tanti moschettoni, tanti cordini, e soprattutto tanti sorrisi e risate, che fanno da contorno alla salita, già condita di mille emozioni.

 

“E ora cosa fanno?”

“Credo stiano festeggiando e si stiano riposando.. Goditi un po’ di riposo anche te, che domani ci aspetta un’altra giornata!”

“Si ma loro sono al bar con birre, panini e pizze e noi qui in macchina a cuocere?”

 

“Ciao ragazze, anche voi qui?”

“Si siamo anche noi qui… “

“Ci siamo anche noi”

“E anche noi”

 

… un tripudio di scarpette chiacchieranti al termine della salita. Se si passa piano tra le macchine parcheggiate si sentono ridere tra di loro: hai visto come stavamo scivolando su quel piccolo speroncino? E noi che ci siamo lanciate nel vuoto per metri e metri? Noi eravamo invece spalmate sulla parete, che fatica!

Loro, così come i rispettivi padroni, si godono il momento finale, al termine della riuscita dell’impresa.

Gli stessi omini prima in cima, imbragati, moschettonati qua e là, ora stanno semi sdraiati su panchine e sedie. Tavoli pieni di cibo e bevande più o meno alcoliche, raggi di sole caldi, piccoli sbuffi di vento: sono tutti elementi che incorniciano questo goliardico quadro di fine giornata.

 

“Ehi, sveglia, non è ancora finita!”

“Ma come! Oggi è domenica! Pensavo di dormire finalmente! Ieri siamo state in giro tutto il giorno: sballottate durante l’avvicinamento, spiaccicate sulla parete perché non sanno ancora arrampicare decentemente nonostante il nostro aiuto, a penzoloni nel vuoto mentre sbrogliano corde e nodi.. ora basta!”

“Dai che è l’ultimo giorno di corso… resisti, oggi non lavoreremo molto comunque”

Destinazione domenicale: Sasso d’Erba. Il gruppo dei superstiti del corso si ritrova al parcheggio. Inizia il breve ma intenso avvicinamento alla parete scelta per le manovre.

 

“Ma scusa, oggi facciamo le spettatrici?”

“Si, mettiti comoda  e non lamentarti.. osserva cosa stanno facendo”

“Non capisco niente.. vedo solo gente che si muove qua e là senza scopo…”

“Vedi là dove si lanciano usando le corde come liane? Ecco, dovrebbero imparare la risalita utilizzando qualche nodo e giusto un pochino di forza fisica.  E lì, poco oltre, vedi quell’agglomerato informe di corde, moschettoni, nodi vari? Dovrebbero imparare  a fare un paranco, ma vedo solo sguardi dubbiosi, dita ingarbugliate e cervelli in fumo. Lì al centro invece creano soste da abbandono, nel senso che abbandoni lo stipendio, ma porti a casa la vita. Insomma, sono piccoli regali che gli umani fanno alla montagna. Nell’ultima postazione lì in fondo hanno costruito una ferrata senza ferro, sono magici davvero questi istruttori”

“E oggi nemmeno una piccola salitina, ma non potevamo rimanere a casa?”

“Aspetta, qualcuno sta arrivando a prenderci”

“Ecco, è la nostra padrona! Che bello! Si sale! … Ma stamattina non aveva mormorato che sarebbe stata tranquilla a riposo?”

“Effettivamente.. forse però non conosce questo termine, dai… forza che anche oggi un piccolo tiro lo facciamo!”

 

Una domenica di stazioni di manovra, una specie di Via Crucis dell’alpinismo, tra paranchi, risalite, soste e ferrate improvvisate. Il tutto condito al termine con patatine, toast, più giri di birre e una gara di campari.

 

“Ma finito il corso finisce tutto? Chiudiamo qui la carriera? Ci appendiamo al chiodo?”

“Certo che non fai altro che lamentarti e non capire! E’ proprio ora che tutto inizia!”

“Come? Cosa intendi dire?”

“Allora…cominciamo dall’inizio e arriviamo alla fine, così forse capirai meglio…”

 

Era iniziato tutto in una serata di presentazione che aveva messo in guardia da ripensamenti i cuori teneri degli aspiranti allievi. Il corso si è poi svolto come una salita: le serate teoriche che hanno contribuito a creare le basi, le destinazioni cambiate all’ultimo grazie alla fortuna meteorologica che ha accompagnato gli aspiranti alpinisti, le serate di esercitazioni che hanno aggrovigliato i cervelli moschettonandoli in barcaioli improbabili. A ogni uscita, ogni serata, ogni tappa è stato come raggiungere una piccola sosta: lì ci si fermava, con il nuovo bagaglio di conoscenze, pronti a ripartire subito, sfruttando quanto appreso (più o meno). E ora? Ora siamo arrivati in cima? Siamo a pronti a calare? Calare l’entusiasmo, i sogni, le speranze? Certo che no. Forse l’insegnamento più importante appreso in questi mesi è stato quello non detto, non spiegato a parole, ma vissuto nei fatti, sperimentato nelle salite, assaporato nelle  risate. La salita è appena iniziata, ed è una salita particolare: non ci sono relazioni tecniche da seguire, non ci sono informazioni sul numero di tiri e le strade da prendere. Ognuno ha la sua personale via da salire, ci hanno dato le basi… tocca a noi ora proseguire, sperimentare, sognare, sperare, osare. Questo è l’insegnamento più importante.

 

“Hai capito ora?”

“Ora si…pronta a legarmi le stringhe e ripartire! Grazie a tutti”.

 

15/07/2019